Il Santuario della Madonna della speranza in Giuliano di Roma

Il Santuario della Madonna della Speranza a Giuliano di Roma nasce da una miracolosa apparizione nel 1755 alla devota Maria D’Ercole. Da quel momento, il luogo è diventato centro di fede e pellegrinaggi grazie a prodigi e guarigioni, sostenuto anche dalla promessa mantenuta da Pietro Antonio Bonelli. L’affresco venerato ha resistito ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e oggi è ancora meta di fedeli. La chiesa fu consacrata nel 1762 grazie al sostegno popolare e ai numerosi ex voto. La custodia del santuario è passata da eremiti ai Gesuiti, che ne curarono anche l’ampliamento. Tra storia, arte e spiritualità, il santuario rappresenta un simbolo di devozione popolare e identità religiosa della Ciociaria.

Il Santuario della Madonna della speranza in Giuliano di Roma

Il Santuario della Madonna della speranza in Giuliano di Roma

Maria D’Ercole una donna di Giuliano di Campagna, assai devota alla Vergine Maria, il giorno 29 marzo 1755, sabato santo, al ritorno dai campi si inginocchiò davanti all’edicola che custodiva l’icona della Madonna della Speranza, sita nella contrada detta “Cona dei Vènti”. La donna stava pregando per la guarigione di un certo Urbano, che giaceva ammalato, quando si sentì chiamare. Dopo un primo turbamento, perché non riusciva a capire da dove venisse la voce, continuando a pregare si accorse che la voce proveniva dall’icona affrescata nell’edicola. Era la voce della Vergine Maria che le chiedeva di recarsi dal parroco, per invitarlo a visitare la Madre di Dio e costruire un tempio a lei dedicato proprio in quel luogo.

Trepidante Maria si recò dal Parroco, l’arciprete Giovanni Fedele; gli raccontò l’accaduto e gli presentò la richiesta che le era stata fatta della stessa Vergine. Come di solito accade in questi eventi così straordinari che coinvolgono persone umili e forse anche analfabete, il Parroco la invitò a tornarsene a casa, consigliandola, per l’avvenire, a non essere troppo credulona. Maria D’Ercole non si perse d’animo e il giorno seguente, giorno di Pasqua, tornò alla Cona per riferire alla Vergine dell’esito dell’ambasciata. La Vergine benevolmente rinnovò a Maria l’invito di tornare dal Parroco e chiedergli di costruire un tempio in suo onore proprio in quel luogo. Questa volta, però, la Vergine aggiunse una richiesta: quella di ricordare al signor Pietro Antonio Bonelli la promessa fatta.

Maria D’Ercole tornò di nuovo da don Giovanni Fedele e gli raccontò per filo e per segno quello che la Vergine Maria le aveva detto, compreso l’invito al signor Pietro Antonio Bonelli di ricordare la promessa fatta. A questo punto il Parroco dovette cedere all’insistenza della donna e fece chiamare il Bonelli. Quando questi si presentò al Parroco e, al sentire la domanda: “Avete fatto mai promesse alla Vergine della Speranza?”, trasecolò domandandosi come mai il Parroco sapesse della sua promessa, che non aveva mai rivelato ad alcuno. Allora dovette raccontare quanto era accaduto qualche tempo prima. Pietro Antonio Bonelli, mentre era inseguito da un suo nemico armato di fucile, passando davanti all’immagine della Madonna della Speranza, in procinto di essere raggiunto dal nemico e temendo di essere ucciso, chiese alla Madonna con preghiera mentale che se l’avesse scampato da morte certa, l’avrebbe ricompensata offrendo 10 scudi per la costruzione di una cappella in suo onore. Il Parroco, al sentire questa pubblica dichiarazione, non frappose indugi e convocò tutto il popolo di Giuliano per comunicare la miracolosa apparizione a Maria D’Ercole e la richiesta della Vergine di avere edificata una chiesa in suo onore. Intanto si sarebbe svolta una processione di ringraziamento alla Vergine della Speranza che, partendo dal paese, si sarebbe recata alla Cona dei Venti.

Sparsasi la notizia di questo prodigioso evento, da ogni paese e città del territorio ci fu un accorrere di fedeli; e i miracoli cominciarono ad essere copiosi. Storpi, sordi, ciechi dalla nascita, chiedevano la grazia ed erano guariti dalle loro infermità invalidanti. Infermi per ogni sorta di malattia chiedevano la guarigione e l’ottenevano immediatamente. Dapprima i fatti miracolosi non furono registrati; poi don Gregorio Berardi iniziò a catalogarli e descriverli e dal 22 aprile al 29 giugno 1755 se ne contarono oltre cento.

L’afflusso dei devoti e dei pellegrini, che accorrevano a Giuliano per venerare la sacra immagine, era sempre più imponente tanto che si dovette accendere un censo di 150 scudi per venire incontro ai bisogni, anche alimentari, dei pellegrini. Gli ufficiali della Comunità, il sindaco Francesco Tassinari, Arduino Felici e Giacinto Maselli, rivolsero supplica al vescovo Pietro Paolo Tosi, che approvò in data 20 agosto 1755. Intanto fiorivano gli ex voto dei miracolati: arredi liturgici, anelli e orecchini d’oro, monili di argento, ex voto in argento a forma di cuore, di occhi, di manine, collane di corallo, vezzi di donna in ambra, granati, oro, medaglie d’argento con bordo a filigrana, spilloni di donna in argento a forma di spadino, persino una collana di denti di lupo confermati in capsule d’argento. Le oblazioni in denaro tra il 31 marzo al 20 agosto 1755 raggiunsero una cifra notevolissima per quei tempi:756 scudi, 22 baiocchi e tre quattrini. Si stamparono le immaginette della sacra effigie utilizzando la lastra di rame incisa dal “santaro”, il piemontese Giuseppe Antonio Bedotti.

Giuseppe Antonio Bedotti, Vera effigie della Madonna miracolosissima della Speranza prodigiosamente scopertasi nella terra di Giuliano diocesi di Ferentino, 1755, Xilografia, mm 320×217

Nella xilografia, che riproduce la Madonna della Speranza, in basso al termine della lettera “Con lic. dé Sup. G.A.B.P.”, le iniziali sono da riferire a Giuseppe Antonio Bedotti. La xilografia riproduce un’immagine diversa rispetto a quella attualmente collocata sull’altare maggiore del Santuario, frutto del restauro ottocentesco operato dal P. Giovanni Spillman.

 

“La prodigiosa manifestazione della Madonna della Speranza risale al 1755; il 24 giugno di quell’anno il piemontese Giuseppe Antonio Bedotti, di professione “santaro”, desiderando incrementare il culto alla Vergine della Speranza, incise in rame la miracolosa immagine. Per poter recuperare le spese affrontate, supplicò il Vescovo di volergli concedere la privativa delle vendite sia delle immagini stampate in rame, sia di quelle in legno; intanto avrebbe donato al deputato tante immaginette quante ne potevano permettere tre risme di carta”. (in: Biancamaria Valeri, Le carte dell’Archivio Vescovile di Ferentino: appunti per una storia della religiosità nella Diocesi, Archiva Ecclesiae, anno 34-35. La citazione di Biancamaria Valeri è riportata dalla Casa d’Aste Gonnelli di Firenze) L’affresco, che ancor oggi si conserva in una cornice raggiante, ha subito molteplici ritocchi nel corso degli anni, per cui è difficile datarlo con precisione, anche se è presumibile ricondurlo al XV secolo.

Molti problemi e contestazioni sorsero nel momento in cui si stabilì di edificare la chiesa al cui interno collocare il prodigioso affresco. Il popolo giulianese e gli ufficiali della Comunità desideravano costruire il sacro edificio sul luogo stesso della prodigiosa manifestazione della Vergine; il Capitolo della Collegiata di S. Maria si mostrò di parere contrario, perché, temendo che con il passar del tempo la devozione si sarebbe affievolita, pensava più opportuno staccare l’affresco e trasportarlo nella collegiata al centro del paese. Nel lungo e arroventato contenzioso, infervorato anche dalla convinzione che si potessero avere loschi giri di denaro, alla fine vinse la pietà popolare e il tempio fu costruito sul luogo del miracolo. Il vescovo Tosi benedì la prima pietra e iniziarono subito i lavori, che terminarono ben sette anni dopo. Il 20 giugno 1762 avvenne la solenne consacrazione del santuario, costruito anche grazie al lavoro gratuito di tutti i giulianesi.

Si raccolsero moltissime testimonianze di fatti prodigiosi avvenuti. Uno tra tutti merita particolare attenzione per la dovizia di particolari registrati. Il 17 novembre 1850 Cataldo Coretti, mentre tornava a Prossedi, nello smontare dalla cavalcatura scivolò e cadde battendo la testa. Portato a casa esanime, il medico prontamente accorso rilevò, dopo aver praticato le cure che il caso richiedeva (numerosi salassi), la criticità della situazione che faceva presagire un esito infausto. Quindi invitò i parenti a chiamare il prete per amministrare l’unzione degli infermi. Un amico venuto a conoscenza del caso, spontaneamente e all’insaputa di tutti, fece celebrare una messa al Santuario della Madonna della Speranza con l’intenzione di ottenere dalla Vergine almeno la salvezza dell’anima di Cataldo. La guarigione fu repentina. Cataldo, svegliatosi dal coma, raccontò di aver visto la Vergine contornata da due Santi, che lui non aveva saputo identificare. Assillato dai nemici infernali che lo volevano strappare alla vita, si aggrappò con forza al manto della Vergine, supplicandola di salvarlo. La vergine gli accordò la grazia. Il sacerdote che lo assisteva, mostrò a Cataldo l’immaginetta della Madonna della Speranza venerata a Giuliano e lui riconobbe la sua salvatrice.

Le cure del Santuario furono affidate al clero locale e ad eremiti con funzione di guardia-cappella o sacrestani; ma era necessario ricorrere a sacerdoti per offrire un servizio liturgico  condegno. Furono chiamati, nel 1833, i Liguorini che, per l’esiguità dei redditi, rifiutarono. Solo nel 1846 il problema della custodia del luogo fu risolta con l’arrivo dei Gesuiti, provenienti da Ferentino. I Gesuiti non si dedicarono solo alla cura del Santuario, ma prestarono opera di insegnamento e di amministrazione dei sacramenti in paese. Divisarono di ampliare la chiesa della Madonna della Speranza, unendovi il fabbricato della loro casa. Grazie all’interessamento di P. Antonio Ciccolini, docente di filosofia nel Collegio Gesuitico di Ferentino, e di suo cognato, il marchese Ermete Cavalletti, fu chiamato Andrea Busiri Vici a redigere il progetto. L’architetto Busiri Vici svolse la sua opera gratuitamente e redasse il progetto di una costruzione grandiosa, prevedendo la possibilità di edificare oltre alla casa dei Gesuiti anche un padiglione da adibire a casa di esercizi spirituali. Il 21 maggio 1850 mons. Bernardo Tirabassi, vescovo di Ferentino, benedisse la posa della prima pietra, l’inizio dei lavori di costruzione della nuova fabbrica, che ebbe alterne vicende e si concluse nel 1872. Al P. Giovanni Spillman si deve il restauro dell’affresco, deteriorato in alcuni punti dagli ex voto.

La seconda guerra mondiale arrecò gravi danni al sacro edificio ma il potente patrocinio della Vergine impedì che il 23 maggio 1944 la bomba, sganciata per colpire l’edificio del convento, dove si erano stabilite truppe tedesche, cadde invece nel piazzale antistante la chiesa e non esplose. Si evitò una carneficina, perché nella chiesa erano rifugiate oltre 50 persone. Il bombardamento del 29 maggio fu furioso: durò dalle 8.30 alle 9.45. La chiesa fu sventrata; il porticato d’ingresso al sacro edificio gravemente danneggiato insieme al campanile; la casa venne demolita in più punti dalle cannonate. Unico a non ricevere danni fu l’affresco della Madonna, rimasto illeso insieme al vetro che lo proteggeva. La cura del santuario fu affidata dal 1955 al 1967 ai Fratelli di S. Gabriele; nel 1967 subentrarono gli Agostiniani Scalzi che lo ressero fino ai primi anni Duemila. Il convento è ora sede del Centro Diurno Alzheimer del Distretto Socio Sanitario B di Frosinone. La chiesa è officiata dal clero diocesano che vi celebra la festa il 21 ottobre di ogni anno.

Il santuario della Speranza sorge sull’ultima propaggine rocciosa della serie di collinette che da Giuliano si protendono verso la Valle del fiume Amaseno. Al viandante si mostra illuminato dal sole e impreziosito dal balenio argenteo dei numerosi uliveti, che rendono ricco il panorama collinare. Protetto dalla catena dei Monti Lepini, che si allargano in un ampio abbraccio nella valle sottostante, si presenta come una suggestiva visione. “Quando intorno c’è silenzio e dal Monte Siserno, che gli è sovrastante, cala il vento, la pioggia o la frescura, il Santuario è vivo ed animato perché c’è sempre qualcuno che prega … i fedeli e i pellegrini lo sanno …e nel silenzio del tempio ritrovano pace e la forza necessaria per vivere serenamente e fiduciosamente”. (Mons. Michele Federici, in “Avvenire-Pagina di Ferentino”, domenica 9 novembre 1980)

 

(per ulteriori notizie cfr.: Biancamaria Valeri, Il santuario della Madonna della Speranza. Oasi di contemplazione tra le Valli del Sacco e dell’Amaseno, in Lunario Romano, Santuari cristiani del Lazio 1992, pp. 423-434, Roma 1992)