L’attesa. E quella sedia che parla di tutti noi

Un laboratorio teatrale intenso diretto da C.L. Grugher, dove una sedia vuota racconta l’assenza e l’amore. Emozioni vive tra arte, memoria e teatro.

L’attesa. E quella sedia che parla di tutti noi

L’attesa. E quella sedia che parla di tutti noi

Con “L’Attesa spettacolo teatrale C.L. Grugher”, il teatro contemporaneo si fa gesto collettivo, memoria che respira, arte che parla a tutti, anche a chi non c’è più.

Ci sono spettacoli che raccontano una storia.
E poi ci sono spettacoli che raccontano la nostra storia.

Ieri sera a Foligno, nella magica sospensione che solo il teatro sa creare, è andato in scena “L’ATTESA”, un lavoro corale nato dal laboratorio teatrale diretto dal regista C.L. Grugher – artista capace di lavorare sull’essenza, sulla carne viva dell’emozione, trasformandola in gesto, in parola, in memoria condivisa.
Un laboratorio sì, ma guidato da un pensiero artistico lucido e commovente, dove il teatro torna ad ad essere esperienza condivisa, esperienza che cura, che lascia una traccia.

Ventiquattro interpreti, più lui.


Un “più uno” che non è assenza ma presenza viva, simbolica, potente.
Una sedia vuota al centro della scena, attorno alla quale si muovevano corpi, musiche e parole.
Un’alfabetizzazione fisica e poetica – come la definisce il segnaposto presente su ogni sedia del pubblico – fatta di rigore, direzione, ritmo e spazio. Ma anche di sguardi, vibrazioni, dolcezza.

Il teatro di Grugher non ha bisogno di effetti.
Basta un gesto fatto insieme, basta una mancanza trasformata in presenza, per aprire una fessura nell’anima dello spettatore e lasciar entrare la luce più vera.

E quella sedia, così apparentemente vuota, è diventata un altare dell’anima: ognuno di noi ci ha potuto mettere sopra il proprio caro scomparso, quella persona che ci accompagna da sempre anche se non la vediamo più.
Il teatro diventa così specchio, riflesso di una verità intima: non si smette mai di attendere, non si smette mai di amare.

In scena, tra gli altri, anche Barbara, Patrizia e Valentina, tre amiche preziose, che insieme ai loro compagni di scenacustodi di emozioni (perché chiamarli solo attori sarebbe riduttivo), hanno dato vita a qualcosa di indimenticabile.

Grugher, ancora una volta, si conferma un regista capace di scavare dentro, con una creatività che non cerca mai l’applauso facile, ma la verità nuda delle cose.
Il suo lavoro è rigore e poesia, struttura e libertà, pensiero e battito. È un invito a fermarsi, a sentire, a ricordare.

“L’attesa” è un dono.
Un gesto collettivo di amore e memoria.
Uno spettacolo che non si guarda soltanto: si vive. Si porta dentro.

E quella sedia vuota – così al centro eppure così discreta – diventa uno specchio per ciascuno di noi.
Perché tutti abbiamo qualcuno da far “sedere” lì, una persona che ci ha lasciato ma è con noi ogni giorno, in silenzio, nei gesti, nelle scelte, nei sogni.
È questa la forza di questo spettacolo: non racconta solo una perdita, ma ci ricorda la bellezza eterna di ciò che resta.