In punta di strada – IX capitolo

Nel nono capitolo di In punta di strada, Annabelle affronta il gelo del padre e il calore nascente di un amore. Tra emozioni represse, attese, messaggi e speranze, un bacio rubato e i fuochi d’artificio segnano il confine tra sogno e realtà.

In punta di strada – IX capitolo

In punta di strada – IX capitolo

Capitoli ICapitolo IICapitolo IIICapitolo IVCapitolo VCapitolo VICapitolo VIICapitolo VIII

Nei capitoli precedenti 

I giorni scorrono, e con loro i pensieri che abitano il cuore di Annabelle, sempre più divisa tra il peso di un mondo che non le somiglia e il desiderio, potente e silenzioso, di sentirsi finalmente libera. Dopo i contrasti con il padre e le tensioni che sembrano spezzare il respiro, Annabelle si rifugia nella sola certezza che riesce a farla sentire viva: Franco. Ogni messaggio con lui è un battito, ogni parola una carezza che le fa dimenticare – anche solo per un istante – l’ansia, il giudizio, la paura. Serena, sempre più presente, diventa il ponte tra la realtà che Annabelle vorrebbe scappare e quella che sogna di costruire. Ma le cose non sono mai semplici. Tra strategie improvvisate, bugie bianche e un futuro che si muove in punta di piedi, la protagonista comincia a scoprire il valore delle scelte e delle occasioni che non si possono lasciar sfuggire. E in questa nuova tappa del suo cammino, una sera speciale promette di cambiare tutto. Quando il cuore accelera e le parole si confondono con i fuochi d’artificio, l’amore diventa più reale che mai. Ma ogni magia ha il suo prezzo. E, talvolta, basta una chiamata per ricordare che la realtà è sempre dietro l’angolo.

Capitolo 9

I suoi occhi rimasero incollati sulla figura poggiata ad un malconcio motorino grigio; totalmente intimorita, non mosse un solo muscolo; non emise un singolo suono.
Il padre, con la sua solita espressione di pietra, teneva le braccia incrociate; gli occhi, senza emozione, fissavano il vuoto all’orizzonte, non accorgendosi nemmeno che l’avesse vista.
Lei deglutì pesantemente, come avesse un sasso al centro della gola; indecisa se combattere contro ogni fibra del suo corpo e avvicinarsi di sua spontanea volontà all’uomo, o se rimanere lì in attesa che si accorgesse della sua presenza.
Aveva paura: una paura piena di frammenti oscuri, inghiottita da una morsa d’ansia violenta.
La paura che potesse avere uno dei suoi scatti, lì davanti a tutti, la distrusse mentalmente.
Lo squillare di un cellulare la riportò con i piedi per terra; il padre si staccò dal veicolo per estrarre l’oggetto in questione e si girò di spalle per rispondere. Si sentì sollevata: avrebbe avuto ancora qualche minuto per potersi riprendere e prepararsi all’incontro indesiderato.
Una volta terminata la chiamata, il padre si voltò in cerca della figlia, che lentamente si era già avviata nella sua direzione.
Respirò lentamente e, molto cautamente, si rivolse al padre.
«Ei papà…»
«Quanto ci vuole per uscire?» — pronunciò infastidito.
Non le diede neanche il tempo di assimilare, né perse tempo a salutarla.
«Stavo parlando con il professore per capire meglio una cosa e ho perso la cognizione del tempo, scusami.
Se avessi saputo che eri qui ad aspettarmi, sarei corsa via subito.»
Terminò cautamente.
La guardò con fare interrogativo: la mascella tirata, lo sguardo solito.
«Hmm, vabbè. Andiamo, forza.»
Annabelle annuì e sospirò; mentalmente si sentì sollevata dalla situazione. Il magone creatosi nel suo stomaco si dissolse completamente.
Indossarono il casco, partendo lentamente per fare ritorno verso casa, dove nessuno dei due pronunciò una sola parola. Finiva sempre così, come nulla fosse successo.
Una volta rientrati, la famiglia si dedicò al pranzo, terminando poi il momento con il solito sparecchio e il suo solito rinchiudersi in camera per lo studio quotidiano.
Nel tardo pomeriggio si concesse una piccola pausa e, subito, la sua mente reclamò l’attenzione di Franco.
Voleva davvero avere l’opportunità di rivederlo e guardarlo il prima possibile. Così, presa da un impeto coraggioso, accese il computer, determinata più che mai a chiedergli di organizzare una data per il loro incontro: avrebbe fatto lei il primo passo per questa volta.
Impaziente ed euforica, aprì la sua chat, notando con piacere che il ragazzo in questione fosse online, e così scrisse:
«Ei straniero»
Subito lesse e subito rispose:
«Salve piccola Anny»
Il suo petto scoppiò di gioia; il cuore prese a martellare. Sorrise come una stupida: quel “piccola Anny” l’avrebbe uccisa prima o poi.

«Ti disturbo? Volevo chiederti una cosa.»
Nervosa, prese a mordersi il labbro inferiore, mentre con il dito si torturava le piccole pellicine che sporgevano dalle dita.
«Assolutamente no. Mai, ricordatelo.»
Ed eccolo, un altro tuffo al cuore.
Prese un lungo respiro e scrisse quelle parole con tutto il cuore e il coraggio che potesse avere.
«Ecco… in merito al tuo invito di uscire… insomma, volevo chiederti quando potremmo vederci? Non ti nego che avrei davvero bisogno di evadere un po’ da qui e parlare con qualcuno… specie se quel qualcuno sei tu.»
Una volta premuto il tasto “invio”, ogni briciola di sicurezza scomparve; iniziò infatti a sudare freddo e a pensare a come potesse essere stata così tanto audace. La vergogna la investì completamente.
Nel momento in cui ottenne risposta, i suoi occhi rimasero incastonati tra quelle parole; incredula ed emozionata, una piccola lacrima di pura gioia le solcò il viso.
«Credimi se ti dico che non avevo bisogno di altro oggi; sapere che potrò vederti mi riscalda il cuore. Possiamo vederci quando vuoi; decidi tu, piccola Anny.»
Non seppe come rispondere per i successivi minuti; rimase lì, imbambolata a leggere e rileggere quelle parole come una sinfonia a ripetizione.
Poco dopo si staccò dal suo stato di trance: era decisamente l’ora di rispondere al povero ragazzo lasciato in sospeso.
Così pensò per un attimo al giorno perfetto, in modo da poter incastrare ogni cosa, e come un lampo le venne in mente che il giorno seguente, nel primo pomeriggio, il padre sarebbe mancato da casa per delle commissioni da svolgere. Avrebbe, eventualmente, giustificato la sua assenza con un giro in biblioteca o un inventatissimo gruppo di studio per un progetto.
Così, euforica, digitò la sua risposta:
«Io… non so cosa dire. Sono veramente felice. Forse è un po’ all’ultimo momento, ma domani primo pomeriggio ti sarebbe possibile?»
Lo chiese con una supplica silenziosa; sperò con tutta se stessa di poterlo vedere. Il bisogno viscerale di cui era ricoperta la stava mangiando viva.
Respirare un po’ d’aria; tornare a risentirsi normale. La risposta non tardò ad arrivare.
«Anny, mi piange il cuore ma domani non riuscirò a raggiungerti. Che ne pensi se uscissimo sabato?»
Rimase un po’ dispiaciuta dalla consapevolezza di non poterlo vedere già l’indomani; ma dall’altra parte cominciò a saltellare mentalmente, totalmente incapace di credere che ciò stesse accadendo realmente.
La sua mente iniziò subito ad elaborare mille pensieri: a cosa avrebbe indossato, come truccarsi, a cosa dire.
«Va benissimo.»
Sorrise genuinamente.
«Allora piccola Anny, com’è andata oggi?»
I due continuarono per le successive ore a parlare e parlare e riparlare, fin quando il buio segnò l’ora di cena e i due si salutarono amorevolmente.
Il giorno seguente Annabelle si svegliò serena ed impaziente che la sua permanenza a scuola finisse e che il designato giorno arrivasse in fretta spazzando via tutto.
Ma, come un fulmine, le venne in mente che quella mattina l’avrebbe accompagnata il padre, e lei non aveva minimamente pensato a come affrontarlo: non le avrebbe mai dato il permesso dopo ciò che era successo.
Così, in preda al panico, scrisse a Serena: forse un’altra chiacchierata con suo padre l’avrebbe fatto desistere.
«Sere buongiorno! Come ti senti?
Ho bisogno del tuo aiuto!»
Si sentì anche un po’ in colpa; non le aveva più chiesto come stesse e sentiva di usarla.
«Anny! Tutto bene grazie, totalmente ripresa! Come posso aiutarti?»
Le due parlarono della situazione e si misero d’accordo di vedersi fuori scuola con i due genitori.
L’improvviso urlo del padre che la richiamava la fece sobbalzare: era ancora in pigiama! Si affrettò a prepararsi e i due si avviarono verso scuola.
Una volta giunti, subito il padre di Serena si fermò a salutarli e, poco dopo, fece la domanda fatidica.
«Caro, mi spiace ancora per l’imprevisto dell’altra volta, ma ti assicuro che mio nipote è un ottimo sostituto; abbiamo rispettato tutti i patti! E, in realtà, volevo chiederti anche un’altra cosa. Sai, Serena non ha molti amici e ad Annabelle noi teniamo. Se non sono indiscreto, vorrei che rimanesse a dormire da noi sabato sera; magari dopo essere uscite un po’ insieme.»
Annabelle rimase pietrificata. Non si aspettava una richiesta del genere; di fatti le ragazze erano rimaste d’accordo solo sulla proposta di uscita.
Con gli occhi emozionati si voltò verso Serena e le mimò un “ti voglio bene”.
«Sinceramente, dopo ciò che è successo, non mi sento a mio agio a lasciarla nuovamente fuori; per di più a dormire. Dovrò pensarci…»
I due non andarono oltre più di un saluto e, con la promessa di aggiornarsi, le due ragazze entrarono nel plesso e, abbracciandosi, si diressero ognuna nella propria classe.
Rimase felicemente a pensare alla minima possibilità di poter dormire fuori casa, lontana da tutto e tutti: non le era mai capitata l’occasione.
I giorni si susseguirono e in lei crebbe sempre più la speranza che il padre potesse accettare di lasciarla nuovamente libera. Cercò di non infastidirlo, di essere il soldatino perfetto e, per quanto questo la infastidisse, pensò che questa volta ne valesse la pena.
Mentre era impegnata nello studio, il padre entrò bruscamente nella sua camera, facendola sobbalzare.
«Ho riflettuto e ho deciso di darti una seconda possibilità. Potrai andare sabato; ma voglio essere chiamato ed aggiornato ogni ora, e non voglio più imprevisti o prese in giro, chiaro?»
Annabelle sorrise ed, alzandosi dalla sedia, abbracciò suo padre: un gesto così intimo ed importante per lei.
«Grazie papà! Non ti deluderò!»
L’uomo, stranamente, ricambiò l’abbraccio, che durò qualche secondo, e poi lo sciolse lasciandola ai suoi doveri.
Scrisse subito la notizia positiva alla sua amica e continuò lo studio.
Sabato arrivò in fretta ed Annabelle preparò tutto ciò che potesse servirle; una volta pronta salutò tutti e scese al cancello, dove ad attenderla c’erano già Serena e suo padre.
Si diressero verso la casa della sua amica ed, una volta arrivati, le due iniziarono subito a prepararsi. Annabelle indossò un top ed un paio di pantaloncini con due sandaletti; si truccò appena e si fece sistemare i capelli, mentre Serena optò per jeans e maglietta, sistemandosi anch’essa al meglio.
Nel mentre, Serena era riuscita a sentire Franco, il quale stava già raggiungendo la sua destinazione.
Una volta del tutto pronte, le due ragazze partirono, pronte a recarsi nel luogo di incontro. Arrivate, salutarono l’uomo e si diressero verso il bar concordato con Franco, il quale era già arrivato con i suoi amici.
Nel momento in cui i due si videro, i loro occhi rimasero incastrati tra di loro per diversi minuti, facendo scomparire tutto e tutti.
Poco dopo tutti i ragazzi si salutarono, ed Annabelle e Franco passarono un po’ più avanti, in disparte.
«Anny… Sei bellissima.»
Arrossì e il suo petto iniziò a martellare dalla gioia.
La serata proseguì serenamente; tra una chiacchiera e l’altra, tutti si stavano divertendo. Arrivarono infine sulla spiaggia, dove decisero di sedersi un po’ sulla sabbia e godersi le ultime ore di spensieratezza.
I due si sedettero poco più distanti dagli altri, continuando a guardarsi negli occhi, ridendo, parlando e scherzando.
Ad un certo punto, come una magia, i due si ritrovarono viso a viso, a due millimetri di distanza. Le loro labbra si sfiorarono, sbocciando in un bellissimo, tenero e impacciato bacio, contornato dall’improvviso scoppio di fuochi d’artificio… 
C’erano solo loro. E poco dopo, come ogni magia che si rispetti, una chiamata mise fine a tutto quello…

…E se avessi perso i capitoli precedenti, eccoti accontentato senza perdere tempo:

Capitoli ICapitolo IICapitolo IIICapitolo IVCapitolo VCapitolo VICapitolo VIICapitolo VIII