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In punta di strada – VII capitolo
In punta di strada – VII capitolo
Il padre si catapultò sulla sua minuta figura, totalmente incapace di muoversi, sollevandola dal braccio con brutalità e facendola scontrare con il muro; provocandole una serie di dolori sparsi ovunque.
La smorfia ed il lamento di Annabelle riecheggiarono nell’aria; subito chiuse gli occhi, posizionando le braccia davanti al suo viso, cercando in quel gesto una sorta di protezione.
«Mi hai preso in giro. Mi hai mentito. Ti hanno vista vestita diversamente da come mi avevi detto e non ti ha riportato il padre di Serena. Come hai osato?»
Esasperò rabbioso.
«Pensi che non scoprissi nulla? Hai pensato a tutto, brava; mi hai fatto fesso ora ma non risuccederà! Non uscirai per mesi!»
Urlò ancora egli.
Il petto della ragazza prese a martellare; il suo respiro divenne irregolare ed il terrore che il suo corpo aveva assorbito la fece piangere e sudare senza controllo.
«Sì, piangi adesso! Te lo do io un motivo! Come hai osato? Come?!»
In quel momento ella si sentì impotente come non mai; come fosse un agnellino nell’angolo, pronto ad essere sbranato dalla sua preda. La madre, avvicinandosi cautamente, cercò di parlare con il marito, trovando in qualche modo un compromesso per allontanarsi dalla ragazza e lasciarla quanto meno respirare; fallendo miseramente.
Al contrario, egli allontanò la moglie e ripiombò davanti al viso della ragazza; il suo controllo era sparito, lasciando spazio alla furia più totale. Poi, bastarono quelle poche parole, ed ella prese un coraggio di sé stessa inimmaginabile.
«Tu e quella stupida ragazzina vi siete divertite per bene a prendermi in giro. Non mi è mai piaciuta ed avevo ragione. Non farai la sua fine; non uscirai mai più!»
Si freddò. Il fastidio e il senso di rivalsa presero il controllo di Annabelle; non controllò neanche le parole che decise di pronunciare, leggermente distorte dalla realtà.
«Ascoltami bene, papà; Serena non c’entra niente, ok? Mi sono vestita normale e semplicemente suo padre ha avuto problemi con la macchina! È stato suo cugino ad accompagnarci! Che problema c’è? Quale? Cosa cambia? Sono stata a tutte le tue regole, tutte! Sono rientrata quando mi hai chiesto; mi sono comportata bene; ti ho chiamato; ti ho avvisato; cos’ho fatto??»
Urlò lei. Il fiato le si spezzò in gola nel momento in cui si rese conto di aver risposto a suo padre, addirittura alzandogli la voce. Non poteva credere di aver commesso questo errore.
Il padre rimase impietrito dalla sua reazione; un lampo di rabbia gli attraversò il viso; ma ella poté vederlo: un misto di senso di colpa. Piccolo, quasi inesistente, che il padre cancellò subito.
«Bugiarda! Se fosse vero avresti comunque dovuto dirmelo ieri allora! Ti stai arrampicando sugli specchi! E come ti permetti di rispondermi così? Urlandomi addosso? Con chi pensi di avere a che fare?? Eh?»
Concluse egli.
Annabelle sospirò. Non avrebbe mai capito.
Suo padre la prese per un braccio, facendola sobbalzare, e la sbatté in camera sua.
«Rimani chiusa lì dentro fino all’ora di cena! Ingrata!» concluse.
Annabelle cominciò a piangere: si buttò sotto le coperte, lasciando che tutto il dolore le scivolasse addosso come fosse sotto il getto di acqua fredda. Passarono le ore e, con gli occhi ormai gonfi e rossi, decise di alzarsi e abbandonare quel piccolo rifugio sicuro. Il suo sguardo cadde sul PC e poi un lampo: non aveva più risposto a Franco. Così decise di accenderlo e di scrivergli; in primis per scusarsi, e parlare con lui l’avrebbe aiutata; ne era sicura.
Sorridendo, aprì la chat e notò come Franco le avesse mandato dei messaggi:
«Ei… tutto bene? Ho detto qualcosa di inopportuno?»
«Scusami, forse sei impegnata, se ci sarai potremmo sentirci domani… aspetto tue notizie. Buonanotte, Anny 😊…»
Sorrise, pervasa da una fortissima sensazione di calore a lei totalmente sconosciuta. Timidamente prese a digitare le sue risposte, trovando il coraggio di esprimere tutta sé stessa.
«Franco buongiorno… scusami se ieri sono sparita così dal nulla, ma ho avuto dei problemi familiari e sono dovuta correre via dal PC. Non hai detto assolutamente nulla di inopportuno, anzi, in realtà mi hai permesso di riflettere molto. Abbiamo forse più di quanto possiamo immaginare in comune e mi piace parlare con te, quindi non pensare mai che tu possa darmi fastidio. Sono io quella che deve scusarsi; spero di non dare io fastidio a te.» concluse fiera.
Passarono alcune ore e di lui non ebbe nessuna traccia; così decise di passare il tempo ascoltando musica e girovagando online. Ad un tratto il suono di una notifica la destò dai suoi pensieri: Franco le aveva finalmente risposto.
«Davvero? Perché piace molto anche a me. Ieri sera, sentendoti, sono stato veramente molto bene. Non scusarti, non devi, e spero che non fosse nulla di grave. Allora, che fai ora?» chiese.
Euforica, cominciò a rispondergli e da lì i due ebbero una lunghissima conversazione, dove ad ogni scambio di messaggi e pensieri Annabelle si sentiva sempre più normale, bella, finalmente importante per qualcuno.
Ad un certo punto, Franco le chiese una cosa, e ciò le mise addosso un senso di ansia ma anche di contentezza. Insicura sul da farsi, rimase a rimuginare su quella richiesta per qualche minuto.
«Sai, pensavo… in caso ti andasse di fare direttamente la videochiamata? Mi piacerebbe parlare un po’ con te, ma guardandoti negli occhi.»
Aveva paura che vedendola lì in quello stato, con gli occhi ancora rossi, spettinata, in pigiama, struccata, chiusa in quelle quattro mura, Franco la vedesse brutta e diversa; e che in qualche modo decidesse di smettere di parlare con lei. Ma dall’altra parte aveva una voglia matta di rivederlo; di rivedere i suoi capelli scuri, le sue labbra rosa e di piantare i suoi occhi in quelli del ragazzo.
Dopo una serie di sentimenti e dubbi contrastanti, Annabelle decise di accettare la sua richiesta e, senza rispondergli, avviò direttamente la videochiamata.
Decise di ignorare l’ipotetica presenza del padre fuori da quella porta; qualsiasi pensiero su sé stessa o altro.
Egli accettò subito l’invito e i due rimasero qualche secondo a guardarsi, senza dire nulla. A rompere il ghiaccio ci pensò Franco, buttando fuori tutto di un fiato come se stesse trattenendo da ore il fiato.
«Sei ancora più bella così.»
Annabelle arrossì ed, incapace di qualsiasi altra parola, sorrise semplicemente.
«Ti metto a disagio? Scusami, è che…»
Lo interruppe immediatamente.
«No, no. È che… ecco… io non sono abituata ai complimenti.»
Franco sorrise sinceramente.
«Allora ti ci dovrai abituare, perché penso proprio che non smetterò mai di farteli. E sono sincero, Anny, quando ti dico che sei la ragazza più bella che io abbia visto finora.
I tuoi occhi sono qualcosa di stupendo. Dentro ci posso vedere il mare, il cielo, la terra e la fragilità, sai?»
Rimase qualche secondo bloccata, incapace di dire o fare nulla.
La gioia di quel momento la stava divorando interamente: quelle parole non gliele aveva rivolte mai nessuno; la fecero sentire così bene, importante, che non sapeva cosa dirgli. Pensò a come qualcuno che aveva conosciuto da così poco potesse già conoscerla così bene e a come stesse già facendo a poco a poco irruzione nel suo cuore. Franco sorrise dolcemente e poi parlò.
«Scusami, Anny, troppo diretto?»
Annabelle si riprese dal suo stato di trance ed arrossì nuovamente.
«Oh, ehm… no, no, tranquillo. È che mi hai detto delle parole bellissime e io, come ti dicevo, non ci sono abituata. Ma… ma lo farò. E comunque anche io adoro i tuoi occhi, sai?»
Si sorrisero a vicenda e passarono il restante tempo della giornata a parlare di loro, dei loro sogni, dei loro hobby, a ridere e scherzare come si conoscessero da una vita ed Annabelle, per la prima volta nella sua vita, si sentì apprezzata e libera di essere ciò che era sempre stata, ma che aveva nascosto fin troppo a lungo.
Con questa nuova consapevolezza continuò a parlare con Franco, fin quando non poté fare a meno di notare il buio farsi strada, inghiottendo gli ultimi raggi di sole; così salutò il ragazzo e, chiudendo il PC, decise di tornare in sala, sperando con tutta se stessa che la situazione si fosse stabilizzata.
Prese un grande respiro ed uscì; la camera del padre era vuota e uno strano silenzio riecheggiava nell’aria.
«Mamma?…»