Rinascita

Paola Pisano racconta con intensa sensibilità il suo incontro con l'Abbazia di Montecassino, luogo simbolo di memoria, silenzio e rinascita. Un viaggio emozionale tra storia, poesia e ricerca interiore.

 

Quando ho conosciuto Paola Pisano, è stato attraverso parole scritte che hanno attraversato continenti, valicato oceani e unito mondi apparentemente lontani.

Appassionata di letteratura, scrittura e traduzioni, Paola vive in Texas, porta l’Argentina nel sangue e custodisce gelosamente l’Italia nel cuore, eppure è stata proprio la nostra amata Ciociaria a tessere un filo invisibile che ci ha fatti incontrare. Un filo intrecciato di emozioni profonde, sensibilità rara e una grazia che emerge con forza in ogni sua parola.

Attraverso la sua rubrica Ogni Pa(r)ola, ci conduce per mano in viaggi che diventano scoperte interiori, lasciandoci vedere il mondo con occhi nuovi, con la consapevolezza che ogni luogo nasconde significati profondi e personali.

Il testo che state per leggere è una testimonianza intensa del suo incontro con Montecassino, abbazia simbolo della nostra terra, luogo sacro di memoria, dolore e rinascita. Paola ha saputo cogliere in pieno la forza silenziosa di questo luogo, ascoltando la voce muta delle pietre, scoprendo in esse una verità universale: ogni luogo, ogni pietra, ogni angolo di terra porta con sé storie che parlano direttamente al cuore di chi sa ascoltare.

In questa pagina, Paola non è soltanto una scrittrice, ma una viaggiatrice nel tempo e nello spirito, che ci insegna a guardare oltre l’apparenza, a sentire oltre il rumore quotidiano, a trovare noi stessi nella quiete potente di un silenzio antico.

Leggete lentamente queste parole, fatele vostre, lasciatevi attraversare dalla loro bellezza e profondità. Grazie Paola per aver condiviso con noi la tua rinascita, perché ci ricorda quanto siamo tutti, inconsapevolmente, parte di un destino più grande che ci sceglie, ci chiama e ci trasforma.

                                                                                                                                               Alfio Mirone

Rinascita

Sono davanti alla strada sinuosa, guardando la facciata imponente dell’Abbazia. La fisso, come se non riuscissi a credere di trovarmi davvero davanti a lei. Sono arrivata. Finalmente sono qui. Cammino lentamente nei corridoi, percorro le scale dell’abbazia. C’è un festival del paese, e io mi sento quasi un trasgressore.

Montecassino mi ha chiamata così: in silenzio. Non l’ho scelto, è venuto a me. Salendo verso l’abbazia, tra i tornanti che sembravano scolpiti nella roccia e nella storia, sentivo che quel luogo portava addosso tutte le ere del tempo: il sacro, la distruzione, la rinascita. E io, viaggiatrice incerta, ero lì in cerca di niente e di tutto.

Fu solo dopo che scoprii che anche Henry Wadsworth Longfellow (1807-1882), celebre poeta americano, era salito fin lassù, molto prima di me, nel 1869. Era nato a Portland, nel Maine, e dedicò la sua vita all’insegnamento e alla scrittura come professore di Lingue e Letterature Romanze all’Università di Harvard.

 

In un suo poema su Montecassino scriveva:

“La lotta del Presente e del Passato.
Il vero e l’ideale
della vita,
Trattenuto m’avean sul campo, dove
L’un contro l’altro mondo s’era armato.
Poi
chè al ridestarsi della valle,
La vaporiera io vidi che lanciava
Al ciel fumanti spire, e mi destai
Come uno che da un sogno si riscote.”

Mi colpì quella frase: “La lotta del Presente e del Passato. Il vero e l’Ideale della vita”.  La leggo piano, più volte, come faccio con le parole che non voglio lasciare andare, ma desidero ricordare. Ogni parola mi fa pensare a quanto lui non potesse immaginare la vera lotta che sarebbe avvenuta settantacinque anni dopo. Longfellow aveva visitato Montecassino quando l’abbazia era ancora quella del XIV secolo, la terza ricostruzione dopo il terremoto del 1349. Camminò tra mura che oggi non esistono più. La sua abbazia fu distrutta nel 1944, sotto le bombe della guerra. Quella che io ho visitato è la quarta ricostruzione, quella moderna. Quella che, pur essendo fedele, non è più la stessa. Davanti ai miei occhi non c’erano le stesse pietre, no; ma le stesse essenza, presenza. Montecassino non è solo un’abbazia, ma un altare della memoria. Qui il silenzio parla. Eppure, Longfellow ed io, entrambi senza saperlo, abbiamo ascoltato lo stesso silenzio.

Il viaggio di Longfellow non fu dettato soltanto dal piacere personale: fu mosso dal desiderio di approfondire le conoscenze necessarie al suo lavoro letterario. Io sono arrivata qui per caso, ma qualcosa mi ha condotta fin lassù. Non per dovere, ma per bisogno. Non per cercare, ma per ritrovare. Ci siamo fermati nello stesso punto: nel ascolto del silenzio.

Le sue parole mi hanno fatto compagnia mentre ripensavo a quel giorno in cui camminavo tra gli archi dell’abbazia, sola ma stranamente accompagnata da qualcosa che non poteva spiegare. Mi sono chiesta cosa cercasse lui. Forse, come me, stava cercando una conferma che certi luoghi non sono solo luoghi: sono posti che ti cambiano per sempre. Seduta sui gradini del chiostro, con il vento che mi scompigliava i pensieri, mi è tornato qualcosa di chiaro: in quel silenzio, ho trovato risposte a domande che non avevo ancora formulato. E che non ero la prima, né l’ultima, a cercare un senso dove il tempo sembra fermarsi.

Così ho scritto quel poema, dopo aver attraversato il chiostro. Il cielo si era aperto all’improvviso, lasciando passare la luce tra le nuvole e le pietre. In quel momento, ho sentito il peso della memoria. E in quel luogo antico, ho sentito una pace che non chiedeva parole. Questo luogo mi ha fatto sentire così: parte di qualcosa di più grande, che in modo fortuito mi aveva scelto.

E la mia penna scriveva ardentemente:

L’abbazia

Tra i monti e il vento,
sorge magnifica l’abbazia,
custode del tempo.

Le nuvole si aprono,
lasciando spazio al cielo,
e ritrovo il mio sguardo
nel suo rifugio eterno.

L’abbazia lo sa,
anche le pietre e le storie antiche,
e sorridono immobili
mentre il vento accarezza la cima.

L’attesa è intensa,
mentre i miei occhi danzano.
Non so se cercavo,
o se ero già trovata.
Non c’è più lotta,
ma pace ritrovata.

E nel cuore di Montecassino,
ho sentito la mia rinascita.
Mi sembra una vita
essermi finalmente incontrata.

Le pietre raccontano a chi sa ascoltare. Non sempre con la voce, ma con l’aria. Se dovessi scegliere una sola parola da portare con me dopo questo viaggio a Montecassino, sarebbe rinascita. Forse è proprio questa la magia: il scoprire, all’improvviso, che il destino aveva scritto un incontro che tu stesso non avresti mai immaginato. In fondo, la serendipità non è altro che un incontro fortuito, ma che porta con sé un significato profondo. E Montecassino, con la sua bellezza silenziosa e potente, mi ha scelta per farmi capire che ci sono luoghi che, una volta incontrati, non ti lasciano più. Perché ci sono luoghi che sembrano portare con sé il destino.