In punta di strada – V capitolo

Nel Capitolo 5 del romanzo, Annabelle vive la sua prima vera esperienza di libertà. Tra paesaggi sereni, l’accoglienza della famiglia di Serena e una serata fuori fatta di musica, risate e nuovi incontri, la ragazza assapora per la prima volta la leggerezza della giovinezza. Ma quando tutto sembra andare bene, una telefonata cambia le carte in tavola. Un capitolo intenso, emozionante e ricco di colpi di scena.

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V Capitolo

Attraverso il trasparente finestrino, al quale era poggiata come una bimba, il suo sguardo rimase incastrato alle bellissime immagini che le si erano presentate davanti: una lunga distesa di colline e alberi completamente avvolti dal sole; le verdi foglie che luccicavano, muovendosi soavemente al ritmo del vento; un multiplo nitrire di bellissimi e svariati cavalli, occupati dal loro momento di pascolo a soli pochi passi da lei. Immagini così naturali e serene che le scaldarono il cuore.

Scese lentamente dall’auto come se il tempo fosse a rallentatore e subito l’aria fresca la investì dolcemente, solleticandole il viso e rendendo ancora più nitido il genuino sorriso che le si era formato; fu completamente rapita dal meraviglioso panorama che la stava circondando e non si accorse della vicinanza della sua amica e di come le avesse rivolto uno sguardo tenero.

Le due rimasero una accanto all’altra a gustarsi quello spettacolo. Annabelle si sentì fuori dal mondo; fuori da ogni controllo altrui. Una sensazione appagante, carica di potere, di libertà.

«Ragazze andiamo?»

La richiesta di Marco la destò dai suoi pensieri e si diresse con i due all’interno della casa, dove ad attenderli ci fu la madre di Serena.

«Tesoro, ciao! Da quanto tempo! Come stai?». Chiese la donna andando incontro alla ragazza e abbracciandola fortemente.

«Stefania, ciao! Tutto bene, grazie.» Rispose teneramente.

Il tempo tra di loro passò così, tra una chiacchiera e vari spuntini; accingendosi poi a preparare tutti insieme il pranzo e la tavola: ricca, colorata, speciale.

Tra un boccone e l’altro Annabelle si fermò improvvisamente a riflettere: l’atmosfera che li abbracciava non assomigliava assolutamente a quella a cui era abituata; ma anzi si rivelò normale, serena, felice.

Già, proprio non assomigliava a quella di casa sua; così abbandonò in tronco ogni sua speranza di cambiamento sul nascere e continuò a gustarsi il pranzo.

Una volta aver terminato il tutto ed aver aiutato tutti nel rimettere a posto, le due si diressero verso la cameretta della ragazza, pronte ad organizzarsi sugli outfit della serata.

«Allora Anny, sei carica per questa sera?» chiese euforica Serena.

«Sì! Certo che lo sono!»
Rispose lei emozionata. Serena le sorrise.

Le due ragazze passarono le successive ore ad ascoltare musica, a spettegolare e a prepararsi al meglio per la serata.

Senza accorgersene si fecero le sei e mezza; ma non appena Annabelle fu pronta, si guardò allo specchio e quasi non si riconobbe. Si sentì bella. Apprezzata.
Bene con sé stessa. E, come una stupida, sorrise a sé stessa.

«Brava, sorriditi. Sei bellissima!»
Pronunciò Serena.

Ella sorrise e si prese altro tempo per guardarsi. Aveva indossato un paio di calze trasparenti, il suo vestitino di una media lunghezza bianco a pois, un paio di tacchi bianchi; Serena le aveva piastrato i capelli rendendoli lisci e bellissimi; l’aveva truccata, quel poco che bastava per risaltare i suoi bellissimi occhi cerulei.

E lei, con una lacrima quasi pronta ad uscire, si rese conto che in quel momento era esattamente ciò che doveva essere: una ragazza, un’adolescente; pronta a vivere tutto ciò che quella serata le avrebbe offerto. A tutte le emozioni e le sensazioni che l’avrebbero travolta.

L’amica, che poco prima si era dedicata esclusivamente a lei, passò il tempo successivo a prepararsi; ed una volta pronte ufficialmente entrambe si guardarono e si abbracciarono calorosamente. Incorniciarono quel momento scattandosi una foto; un ricordo che sarebbe rimasto per sempre nel cuore di Annabelle e che mai nessuno le avrebbe portato via.

Le due scesero e si diressero nel salone, dove ad attenderle, poggiato comodamente sulla poltrona, si trovava Marco.
L’uomo sorrise alle due e, alzandosi, prese la mano delle ragazze e le fece girare su se stesse.

«Beh, direi che queste due principesse stasera faranno strage di cuori.»

Disse lui fiero.

Annabelle arrossì, mentre Serena rise di gusto.
L’amore.

Già… lei non aveva avuto molta esperienza con questo tasto; il pensiero che suo padre potesse permetterle una cosa del genere era lontano anni luce dalla realtà.

La mano di Serena si posò delicatamente sulla sua spalla; ciò la risvegliò dai suoi pensieri e, rivolgendole un sorriso, si avviò al suo fianco verso l’uscita.

Non appena la macchina si accese e Marco partì, il telefono di Annabelle squillò; rivelando la chiamata in arrivo del padre.

Per lei fu strano che non l’avesse già chiamata prima; ma non voleva neanche rispondergli, perché si sentiva così protetta e felice in quel momento ed ebbe paura che, premendo il tastino verde, tutto quello per cui si era battuta venisse spazzato via.

Ma non poteva neanche ignorarlo; così, sospirando pesantemente e con fare tremante, accettò la chiamata.

«Pronto papà?» disse lei debolmente.

«Tutto apposto? Dove siete?»
Il tono infastidito, gelido. Le entrò nelle ossa.

«Tutto bene papà, grazie. Stiamo uscendo adesso.» concluse lei.

«Hmm vabbè. Vedi che devi fare. Te l’ho già detto. Mi passi Marco?» concluse infine.

Lei tremò. Un senso di timore le percosse la schiena; una scia di brividi lancinanti prese possesso del suo corpo.

«Fatti forza», pensò tra sé e sé. E così, sporgendosi leggermente verso il sedile, richiamò l’attenzione di Marco; porgendogli il telefono.

I due parlarono del più e del meno e di come suo padre tenesse alla puntualità del rientro di Annabelle; egli lo rassicurò e concluse la chiamata.

Poco dopo tempo arrivarono a destinazione; le due ragazze salutarono Marco e si avviarono verso la meta conosciuta da Serena.

«Dove siamo dirette, Sere?» chiese lei.

«In un locale in piazza, tesoro. Ti piacerà da matti. L’unica cosa è che i ragazzi arriveranno più tardi, quindi dovremmo aspettare un po’; ma intanto ci prendiamo qualcosa, d’accordo?»

Ella annuì debolmente e seguì la sua amica.

Arrivarono davanti a un piccolo locale tutto colorato e subito la musica ad alto volume, le forti luci e il vociferare assordante dei ragazzi la travolsero; si sentì leggermente spaesata, ma contenta. Serena la condusse con lei verso un tavolino in mogano, contornato da sedie di pelle dello stesso colore; accanto a loro, poggiata al grande muro bianco, c’era una piccola piantina di margherita che mostrava le sue minuscole e stupende opere d’arte.

Rimase a guardarle per un po’; incantata da come qualcosa di così piccolo e semplice potesse essere meraviglioso.

Quando il cameriere fece il suo ingresso e si fermò al loro tavolo, si voltò verso Serena; ancora indecisa sul cosa prendere o fare. L’amica la rassicurò.

«Ci penso io» disse, rivolgendole un’occhiolino.

Ordinò due cocktail, prese delle patatine e le due passarono un paio d’ore lì a chiacchierare, osservare, assaggiare e sorseggiare il liquido rosso che avevano richiesto.

Poco dopo tempo il telefono della sua amica prese a squillare; ella rispose e, circa dieci minuti dopo, fece il suo ingresso una ragazza dai capelli biondi e ricci che abbracciò Serena salutandola euforica.

La ragazza si girò verso Annabelle, la quale venne risucchiata dalla timidezza.

«Piacere, Anna.» disse lei, sorridendole.

«Annabelle.» rispose timidamente.

Le due si sorrisero a vicenda ed, una volta accomodatasi anche lei vicino alle due ed aver ordinato, passarono il successivo tempo a ridere, scherzare e conoscersi.

Si sentì così bene in quel momento che non avrebbe più voluto finisse. Era con qualcuno che finalmente non la giudicava, non la maltrattava, che forse le avrebbe voluto bene veramente; così come aveva dimostrato anche Serena. Il suo cuore scoppiò di gioia e si godette ogni singolo istante, etichettando ogni dettaglio in un angolino del suo cervello e del suo cuore.

Poco dopo tempo le tre si avviarono verso la cassa; pagarono la loro consumazione e si diressero verso l’uscita.

Passarono un’altra ora a camminare per la città, fino ad arrivare sulla spiaggia.

Ella rimase così meravigliata da come la luce fioca della luna colpiva le onde del mare, che potenti si scontravano tra di loro, tra gli scogli. Le tre si tolsero le scarpe e si diressero sulla sabbia, fredda e sottile; incoronarono il tutto con le foto; riempirono il posto delle loro risate e urla.

Eccolo.
Eccolo il primo assaggio della spensieratezza; della libertà; serenità; felicità.
Eh già, era proprio bello; e come una droga non avrebbe mai potuto più rinunciare a tutto ciò.

Scattate già le nove e trenta, le ragazze si risistemarono e si avviarono nuovamente nella piazza: pronte per un gelato conclusivo della serata. Il telefono di Serena, però, cambiò i loro piani: squillò, rivelando l’arrivo di altri amici della ragazza a qualche metro di distanza dalla loro precedente meta dolce.

Le tre si incamminarono verso il luogo designato dai ragazzi; ed una volta arrivate, i quattro ragazzi erano lì fermi ad aspettarle.

Serena distolse leggermente lo sguardo, timida. Una morsa di tensione le prese lo stomaco. Aveva paura, aveva vergogna.

Da quanto aveva capito, Franco era il suo migliore amico; ma cosa avrebbe potuto dire una come lei a delle persone come loro? Con Serena era stato facile; con Michela ancora faceva difficoltà. Ma con loro?

A distrarla dai suoi pensieri fu la voce dell’amica, che corse verso il suo amico.

«Francooooo!» esclamò Serena, abbracciandolo poi fortemente.

Annabelle si fece coraggio: si girò un istante.

Bastò quello. Un istante. I loro sguardi si incrociarono e rimasero incastrati. Una strana scintilla percosse il perimetro tra i due; i lunghi brividi le percorsero la schiena e arrossì subito.

Il tempo si fermò così; Franco ed Annabelle erano come rimasti soli, e nessuno dei due aveva intenzione di lasciare lo sguardo dell’altro.

Quel momento delicato si infranse, poiché il telefono di Serena prese a squillare ininterrottamente. Ella, sbuffando, rispose.

«Papà?»

«Cosa hai detto? Oh, no, e ora?»

Rimase qualche minuto a parlare con Marco e successivamente staccò la chiamata, rivolgendosi poi verso Annabelle:

«Anny, abbiamo un problema…»