In punta di strada – Capitolo 2

Nel secondo capitolo Annabelle affronta l'umiliazione a scuola, trovando conforto nella poesia di Ungaretti e nell'incontro con Serena, sua amica e compagna di pallavolo. Emozioni forti tra dolore, amicizia e speranza.

In punta di strada – Capitolo 2

In punta di strada – Capitolo 2

E, come avesse ricevuto uno schiaffo, la successiva sensazione bruciante la stordì completamente: bloccata in quella posizione, come si fosse congelata su se stessa.


Delle maligne risate, provenienti a pochi centimetri dalle sue spalle, le rimbombarono pesantemente nell’orecchio come violente e continue martellate. Il forte senso di smarrimento e vertigini che provò la fecero quasi barcollare, mentre il liquido freddo e trasparente, che aveva trovato rifugio sul suo corpo, scendeva lentamente su di lei, provocandole brividi destabilizzanti, come fosse in preda a degli spasmi. Rimase così per svariati minuti, soffermandosi a pensare a come fosse stata così stupida da non accorgersi di ciò che le stessero per fare e di come, ingenuamente, non avesse tenuto conto della minima possibilità che tutto ciò potesse succedere anche oggi.


Le risate si fecero più intense e vicine, e alcune spallate che ricevette da chi era stato, di nuovo, tanto crudele con lei la fecero cadere a terra. Non si sforzò minimamente di resistere: ormai ci era abituata, la rassegnazione totale era ormai la sua essenza. Era questa la sua vita, e lo sarebbe stata sempre.


I passi pesanti dei ragazzi, artefici dei suoi incubi giornalieri, che le passarono accanto la risvegliarono dal suo stato di trance e, dopo averle rifilato le ultime battutine taglienti, sparirono nel grande cortile che la scuola ospitava. Rimase così nuovamente sola, ferita e bagnata, e, sospirando pesantemente, si voltò per recuperare lo zaino, precedentemente caduto in acqua.


Con una pesantezza nel petto, realizzò che lo zaino era ormai completamente zuppo, indice che, al suo ritorno a casa, avrebbe dovuto sostenere dei conti salatissimi. Controllò che almeno i libri fossero intatti e, per fortuna, lo erano. Si risistemò al meglio che le fu possibile e si prese qualche secondo con se stessa:


«Come ogni giorno» ripeté in un sussurro.


Annabelle prese un grosso respiro e, indossando un sorriso sbieco, si incamminò all’interno della scuola. Tutti la guardarono, tutti parlavano sottovoce tra di loro, ridevano, ma non le importò: la sua missione era arrivare sana e salva nella sua aula, precisamente al suo banco, e sedersi comodamente in attesa della sua lezione preferita, italiano.


La chiassosa e ormai danneggiata campanella suonò e, pochi minuti dopo, l’insegnante fece il suo ingresso, e in quel preciso istante Annabelle si concesse di sorridere veramente, sentendosi proprio come una bimba che riceveva il suo gioco preferito.


Euforica di conoscere il nuovo argomento che l’avrebbe accompagnata per quell’ora, si sistemò comodamente e adagiò sul ripiano in legno tutto il materiale necessario e, pochi secondi dopo aver terminato l’appello, l’insegnante annunciò il protagonista della sua lezione: Giuseppe Ungaretti.


Per tutta la durata dell’ora, rimase incantata dall’esposizione di questo grande poeta, dalla sua vita, dalle sue opere e da come si ritrovasse in sintonia con la sua poesia. Sentì, infatti, sua in particolar modo una citazione di Ungaretti, che l’insegnante aveva minuziosamente spiegato e contrassegnato come molto importante:


“Alla consapevolezza del dolore e alla caducità della vita si oppose il perpetuo sforzo di reagire alla sconfitta: la vita è un eterno naufragio, l’uomo riprende continuamente il suo viaggio, procedendo in un continuo alternarsi di morte e vita, di naufragio e allegria.”


La campanella suonò, segno che la lezione fosse terminata, ma Annabelle era intrappolata nella sua realtà. Passò i minuti successivi ad analizzare nuovamente vocabolo per vocabolo tutto ciò che era stato detto e fu sicura che mai parole furono più vere e giuste per descriverla.


Si sentiva finalmente capita da qualcuno: non era più l’unica a sentirsi in un continuo turbinio di vita e morte. Ma, con una malinconia pesante nel cuore, dovette lasciar scivolare via quel senso di benessere che si era concessa, a causa del cambio d’ora, che proseguì monotona e noiosa fino allo scoccare della ricreazione, che le aprì lo stomaco come fosse una chiave che apriva la sua porta.


Venne travolta da un’improvvisa e bisognosa fame e, con più foga del solito, sollevò il coperchio del suo bianco portapranzo, ne estrasse una fetta di pane e una scatolina di succo di frutta alla pesca; un pasto misero rispetto a quello dei suoi compagni, che vantavano, invece, enormi panini con affettati particolari oppure toast stracolmi di Nutella.
Ma non le importò: ognuno aveva quel che poteva e lei sapeva benissimo cosa significasse. Tornò a concentrarsi sulla sua merenda, addentò e bevve con gusto il tutto e, una volta finito, si avviò verso il bagno, con l’intento di darsi una rinfrescata e prendersi qualche minuto per se stessa.


Ma una voce, inconfondibile per lei, la richiamò e la distrasse dai suoi piani.
«Annabelleee, sei davvero tu?»
Non poté crederci. Quella voce.
L’avrebbe riconosciuta tra mille.
«Serenaaaaa!»
Le due si abbracciarono calorosamente.


Annabelle rimase commossa. La sua amica, l’unica amica ed ex compagna di squadra, con cui appunto aveva condiviso il suo amore per la pallavolo solo l’estate precedente, era lì davanti a lei.


Frequentò, infatti, per vari anni una sede di pallavolo e se ne innamorò a tal punto da litigare con la sua famiglia per meritare un posto lì, lì dove potesse sentirsi veramente libera anche solo per un’ora. Le due, appena conosciutesi, legarono immediatamente. Successivamente, purtroppo, Serena, per un problema al ginocchio, fu costretta ad abbandonare lo sport del loro cuore.


«Stai benissimo!» esclamò entusiasta Serena.


Per un attimo, l’altra sorrise, ma poi, presa da una strana consapevolezza, si rabbuiò: non si sentiva bene, non era bella, non era nulla.


Le sorrise debolmente e si soffermò su come Serena fosse cambiata: era leggermente più alta, le spalle erano morbide ma presenti, aveva tagliato i capelli con il risultato di un rosso caschetto.


«Anche tu! Cambiamenti, eh?» esclamò lei.


Serena sorrise, annuendo con la testa. Le due, prese da un momento di pura tranquillità, parlarono per i successivi dieci minuti di come le loro vite fossero cambiate in così poco tempo e di come sarebbe stato bello uscire insieme qualche volta.

Annabelle avrebbe dovuto fare ben presto i conti con la realtà per realizzare questo suo piccolo desiderio, ma decise di non curarsene in quel momento e continuò la sua animata chiacchierata con Serena.


La campanella riportò entrambe alla realtà: dovevano sbrigarsi a far ritorno nelle rispettive aule, ma non prima di essersi scambiate nuovamente il numero di cellulare. Serena le spiegò, infatti, che dovette cambiare numero di telefono qualche giorno prima per esigenze particolari e l’altra, senza fare domande, annuì.


Dopo essersi date un abbraccio, si salutarono definitivamente, ed Annabelle custodì quel piccolo momento dentro di sé con una gioia inspiegabile.


Ma quella piccola sensazione appagante durò ben poco, perché, non appena mise piede in classe e notò cosa le avessero fatto, un moto di tristezza e di lacrime incontrollate la pervasero.

In punta di strada
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