Quando l’ignoranza urla la civiltà perde: un nuovo capitolo della vergogna

Un episodio di razzismo sconvolge il basket femminile Under 19 a Rimini: una giovane giocatrice viene insultata con un’offesa vergognosa e, reagendo, viene espulsa. Questo episodio evidenzia il pericoloso ritorno delle discriminazioni, cancellando decenni di lotte per l'uguaglianza. Il razzismo si intreccia con l’ignoranza e il potere, creando una società che torna indietro di cento anni. È fondamentale non restare in silenzio: la vera minaccia è l’indifferenza.

Quando l’ignoranza urla la civiltà perde: un nuovo capitolo della vergogna

Quando l’ignoranza urla la civiltà perde: un nuovo capitolo della vergogna

Cento anni. È questo il salto all’indietro che stiamo compiendo, mentre ci illudiamo di essere una società moderna, evoluta, civilizzata. Ogni giorno assistiamo a episodi che dovrebbero appartenere a un passato che credevamo superato, e invece eccoli lì, più vivi e feroci che mai. Il razzismo non è mai morto, ha solo cambiato forma, si è adattato, si è infiltrato nei nuovi mezzi di comunicazione e si manifesta con la stessa brutalità di sempre.

L’episodio avvenuto a Rimini, durante una partita di basket femminile Under 19, ne è la prova lampante. Un insulto vergognoso, “scimmia”, urlato da una spettatrice durante una diretta social, rivolto a una giovane atleta, solo perché ha un colore della pelle diverso dal suo. Una parola che brucia come uno schiaffo, che riporta alla memoria i giorni più bui della storia, quando l’umanità si divideva per il colore della pelle, per la provenienza, per il genere.

Ma c’è un’aggravante: la giovane cestista non solo ha dovuto subire l’umiliazione dell’offesa, ma anche la beffa dell’espulsione per aver reagito. Come se difendersi da un’aggressione verbale fosse più grave dell’offesa stessa. Come se il problema non fosse il razzismo, ma la risposta di chi lo subisce. Il messaggio è chiaro: taci e subisci.

Non siamo più capaci di distinguere il giusto dallo sbagliato? Ci siamo forse abituati al razzismo, al punto da non riconoscerlo più come un crimine? Il punto è che il problema non è solo chi insulta, ma anche chi minimizza, chi normalizza, chi distoglie lo sguardo e lascia che la violenza continui a dilagare.

Razzismo e ignoranza: il matrimonio perfetto

C’è un filo sottile che lega il razzismo all’ignoranza, e troppo spesso si intreccia con il potere e il privilegio. Guarda caso, chi si lamenta di questi temi, chi rivendica il diritto di discriminare, di dividere il mondo in categorie rigide, è sempre il solito gruppo: il capitalista e l’ignorante di turno. È come un generale che si circonda di soldati senza preparazione e li manda in guerra. E loro, contenti e ignari, vanno, manipolati da chi ha tutto da guadagnare e nulla da perdere.

Non è forse paradossale che chi difende il privilegio e il dominio economico sia lo stesso che, con ignoranza feroce, nega diritti, umilia, distrugge il senso stesso della società? È quasi comico—se non fosse tragico—vedere l’alleanza tra chi detiene il potere e chi, inconsapevolmente, lo serve alimentando il clima di odio.

Due generi, due razze, due mondi: ecco come stanno cercando di riscrivere la società. Nessuno spazio per la complessità, per la diversità, per il rispetto. O sei bianco o sei altro. O sei uomo o sei donna. O sei normale o sei da denigrare. Tutto ciò che esce da questo schema diventa un nemico, qualcosa da ridicolizzare, da attaccare, da espellere.

Ma non ci stiamo accorgendo che così stiamo cancellando decenni di lotte?

Il silenzio non è un’opzione

Ogni volta che un gesto razzista viene sminuito, ogni volta che si dà più peso alla reazione della vittima che all’insulto, ogni volta che si lascia correre, la società compie un passo indietro. E noi, di quanti passi indietro abbiamo bisogno prima di renderci conto che siamo di nuovo nel baratro?

Non basta indignarsi per qualche giorno e poi dimenticare. Serve rumore. Serve che chi ha una voce la usi. Serve che chiunque abbia un briciolo di coscienza si schieri, senza se e senza ma.

Perché il problema non è solo chi insulta. È chi resta in silenzio.