Corrado Augias e l’arroganza dei vecchi sapienti

Un editoriale che riflette sull’atteggiamento di Corrado Augias, oggi sempre più lontano dalle nuove sensibilità culturali. Dalle critiche a Jannik Sinner alla sua visione rigida sull’omosessualità e sull’identità nazionale, il testo mette in luce come il sapere, se non si rinnova, diventa arroganza. Un appello forte agli editori per fare spazio a giovani voci. Perché fino a che rimangono in auge figure ormai scollegate dalla realtà, l'opposizione è destinata a rimanere tale, danneggiando chi vorrebbe combattere davvero un potere che spesso governa male.

Corrado Augias e l’arroganza dei vecchi sapienti

Corrado Augias e l’arroganza dei vecchi sapienti

C’è un momento nella vita in cui anche i più grandi dovrebbero imparare a lasciare spazio. Non per debolezza, ma per lucidità. Per amore del tempo che avanza, per rispetto verso le nuove voci che parlano il linguaggio del futuro.Corrado Augias, classe 1935, è stato per anni un faro del giornalismo colto, raffinato, argomentato. Eppure, qualcosa oggi si è incrinato. Forse perché la cultura – se resta prigioniera di sé stessa – smette di essere maestra e diventa giudice.Le sue parole su Jannik Sinner – definito “italiano per caso”, “riluttante” – sono apparse più come il brontolio di un nonno che si ostina a correggere i nipoti con tono da preside d’altri tempi, che non come il pensiero illuminato di un intellettuale moderno.Sinner non sarà un patriota da opera lirica, ma è un campione che porta l’Italia nel mondo con eleganza, gentilezza e risultati. È figlio di una terra complessa, l’Alto Adige, che proprio grazie alla sua doppia anima è oggi un modello di convivenza. Non basta parlare l’italiano “perfetto” per essere italiani: bisogna rispettare, includere, comprendere.

Ma per chi ha una visione vecchia e rigida della nazione, l’identità diventa una prova da superare, un filtro attraverso cui giudicare.
E meno male che Sinner ha la pelle bianca: se fosse stato anche di colore, e magari cresciuto altrove, la condanna morale sarebbe stata totale.

Augias non lo fa solo con Sinner. Da tempo si inalbera con tono solenne contro ciò che è diverso, che cambia, che rompe gli schemi.
Quando parla di omosessualità, ad esempio, lo fa come se stesse descrivendo un’anomalia da tollerare con garbo, ma senza mai accettarla fino in fondo. In passato ha perfino scritto che in una coppia gay “disturba l’idea di sterilità”, come se i sentimenti si misurassero in figli e procreazione.

È il sapere che si trasforma in arroganza, è la cultura che si chiude nella sua torre d’avorio, mentre là fuori il mondo evolve. E pretende voci nuove, inclusive, capaci di accogliere.

Cari editori di Repubblica e di La7, da giornalista indipendente sento il dovere di dirvi: rinnovatevi. Date spazio ai giovani promettenti, non solo per firmare gli editoriali di domani, ma anche per condurre o intervenire nei programmi di punta. L’opinione pubblica ha bisogno di freschezza, di occhi nuovi, di pensiero dinamico, non di repliche ingiallite.

Non è un attacco all’età, ci mancherebbe. Ma a una mentalità che invecchia male.
Un 90enne può ancora brillare se sa rinnovarsi, se si mette in discussione, se tende la mano al futuro. Ma quando invece si chiude nella presunzione di sapere tutto, nella nostalgia di un’Italia che non esiste più, allora quel sapere può anche andare… a farsi friggere.

Caro Augias, sei padre e nonno. Non devi dimostrare più niente a nessuno, soprattutto ai tuoi familiari.
Occupati della campagna, della natura, dei piccoli dettagli che sfuggono a chi corre sempre. E lascia spazio ai giovani, anch’essi ricchi di cultura quanto te, forse meno altisonante, ma più vicina al mondo che cambia.

E soprattutto, non far valere il tuo potere. Ne hai avuto tanto, sei stato un giornalista bravo e stimato. Non rovinare tutto adesso con l’arroganza dell’ultima parola.
Non farti raccomandare per garantirti una terza età più serena: te la sei già meritata. Ma solo se impari a lasciare andare.