Il Papa, la pace e chi sogna ancora le bombe

Il nuovo Papa, Leone XIV, lancia un messaggio di pace disarmata. Un editoriale tra speranza e sarcasmo sull’arroganza di chi sogna guerre e potere.

 

Il Papa, la pace e chi sogna ancora le bombe

Il Papa, la pace e chi sogna ancora le bombe

Pace disarmata e disarmante, almeno questo è quello che spero

Editoriale di Alfio Mirone

Ieri sera mi trovavo a Roma, agli Internazionali di tennis.
Una passione antica, la prima che ho praticato da ragazzo, forse quella che mi ha insegnato l’eleganza della pazienza e l’arte del silenzio prima di ogni colpo.

Mentre osservavo il gioco, qualcosa di insolito accade: tutto si ferma.
Il pubblico ammutolisce, i tennisti smettono di giocare.
Una fumata bianca ha interrotto il match.

Il nuovo Papa è stato eletto.
Torno a casa con quel misto di leggerezza e mistero che solo certe serate romane sanno regalare, e comincio a leggere a studiare.

Robert Francis Prevost, americano, ma profondamente latino, con vent’anni di missione in Perù.
Il nuovo Papa. Ha scelto un nome antico, forte, regale: Leone.

E lì, senza neanche accorgermene, smetto di leggere e comincio a pensare.
Due altri Papi hanno portato quel nome: Leone I, che affrontò Attila con la sola forza della parola, e Leone XIII, che nel cuore dell’Italia unita parlava di giustizia sociale e diritti umani.
Due uomini che non temevano di guardare il potere negli occhi.

Ecco, allora, l’immagine che mi viene:
un nuovo Leone, ma con l’armatura fatta di voce e diplomazia.
Un Papa che ha esordito con tre parole che già raccontano il suo pontificato:
“Pace disarmata e disarmante.”

Sorrido. E mentre sorrido, penso a Trump.

Sì, proprio lui.
Il bullo del quartiere globale.
Quello che si traveste da Papa, gioca alla guerra con i dazi, sogna il Canada, desidera la Groenlandia e immagina il Golfo del Messico come il giardino di casa.
L’uomo che confonde il potere con l’applauso, l’arroganza con la leadership, e la verità con ciò che gli conviene.

E allora mi domando: che tipo di guerra comincerà, adesso?
Sì, perché comincerà. È già cominciata.
Una guerra nuova. Inedita.
Da una parte i soliti leader assetati di potere, pronti a giocarsi la pelle del mondo per una manciata di miliardi in più, indifferenti ai morti, ai bambini, ai crateri che ogni bomba lascia nella terra e nell’anima.
Dall’altra, un’altra forma di guerra.
Una guerra senza armi.
Dove la diplomazia è lo scudo, il sorriso la spada,
la parola il colpo più tagliente,
l’empatia il vero campo di battaglia.

Una guerra che non ha bisogno di carri armati, ma di abbracci, di fiori, di mani tese, di leader che trasformano i confini in ponti e le differenze in ricchezza umana.
E non possono perdere, perché dalla loro parte ci sarà l’unica vera forza che può cambiare la storia: l’amore dei popoli.
E il popolo, quando è unito, non si bombarda.
Non si sottomette. Non si uccide.

A meno che non arrivi uno di quei capi che non ho nemmeno voglia di nominare.
Perché anche i nomi, a volte, non meritano di essere pronunciati.

Mi piace immaginare Papa Leone XIV seduto a tavola accanto al presidente americano, che lo guarda con quell’aria tronfia e inconcludente, e lui, con la calma di chi ha letto la storia e ascoltato i poveri, gli dice:
“Presidente, si è perso qualcosa. La pace non si conquista. Si offre.”

Ecco il punto.
Non siamo di fronte a una religione che combatte, ma a un pontificato che abbraccia.
Che non teme il conflitto, ma lo smonta con la tenerezza.
Che non si rifugia nella neutralità, ma osa dire che la guerra è figlia dell’ignoranza.

Papa Leone XIV, in questo primo giorno, ci ha già insegnato che la vera forza non si impone. Si testimonia.
Che non serve alzare la voce per essere ascoltati.
Che la pace è ancora possibile, se smettiamo di inseguire modelli di potere malati, autoritari, spettacolari.

E allora benvenuto, Papa Leone.
Benvenuto nel tempo degli equilibri instabili, delle parole che fanno paura, dei muri che si alzano mentre le coscienze tacciono.
Tu che vieni dal Sud del mondo, da terre battute dal sole e dalla povertà, ricordaci che si può essere forti anche senza alzare le mani.
Che la pace, quando è disarmante, è l’unica vera rivoluzione, forse sono un sognatore ma almeno questo è quello che spero.