S. Pietro Celestino e il Giubileo a Ferentino

Ferentino celebra il suo legame con San Pietro Celestino V attraverso la Perdonanza Celestiniana, un Giubileo annuale riconosciuto dal Vaticano. La chiesa di S. Antonio abate, luogo di culto e miracoli, custodisce il cuore incorrotto del santo, rendendo Ferentino meta spirituale e simbolo del Giubileo 2025 in Ciociaria.

S. Pietro Celestino e il Giubileo a Ferentino

Pietro Celestino e il Giubileo a Ferentino

Le parole che custodiscono la memoria

Ogni mese, con la delicatezza di chi sa ascoltare la voce del tempo, Biancamaria Valeri ci accompagna dentro storie che non appartengono solo al passato, ma continuano a vivere nei luoghi, nei simboli e nelle emozioni di chi li abita. Con la sua scrittura colta e appassionata, Biancamaria intreccia i fili della storia spirituale della Ciociaria con il presente, rendendo ogni suo racconto un piccolo dono di consapevolezza.

Nel mese in cui si accendono i riflettori sul Giubileo 2025, il suo sguardo si posa su Ferentino, città del cuore e della fede, che vanta un legame profondo e autentico con San Pietro Celestino. È qui che la memoria si fa viva, tra antichi documenti, indulgenze, reliquie, pellegrinaggi e devozioni che attraversano i secoli.

L’articolo che ci regala oggi è molto più di una ricostruzione storica: è un ponte tra il sacro e il quotidiano, tra il bisogno di spiritualità e l’identità di un territorio che ha tanto da raccontare al mondo. Perché Ferentino è già Giubileo, con la sua Perdonanza Celestiniana e il cuore incorrotto del Papa Eremita che ancora oggi pulsa nella memoria della comunità.

Grazie, Biancamaria, per averci insegnato che la storia della Ciociaria è una luce accesa nel cammino verso il Giubileo.

Pietro Celestino e il Giubileo a Ferentino

Pietro del Morrone (noto anche come Celestino V), intorno al 1260, si fermò sul colle detto “del Fico” un grazioso colle, che si erge sulle propaggini dei Monti Ernici in territorio ferentinate. Si “innamorò” del luogo dove sorgeva una piccola chiesa dedicata a S. Antonio abate con annesso monastero, curato dai monaci antoniani, e vi fondò una sua filiazione; la prima eretta fuori del territorio abruzzese. Correva forse l’anno 1263 periodo in cui il Santo ebbe riconosciuta la sua congregazione dei Fratelli dello Spirito Santo. La pratica del riconoscimento iniziò il 1° giugno 1263 in Orvieto con la bolla Cum Sicut (Orvieto), quando Urbano IV incaricò il vescovo di Chieti di incorporare S. Spirito a Maiella nell’Ordine benedettino. Il giorno seguente, con la bolla Sacrosancta Romana Ecclesia, il pontefice concesse alla comunità la protezione apostolica e ne confermò i beni, presenti e futuri, specialiter autem ortos, virgulta et alia bona. Il vescovo di Chieti assolse al suo compito il 21 giugno 1264 (voce Celestino V di Peter Herde, in Treccani, Enciclopedia dei papi, 2000; cfr. anche Adolfo Morizio, Codice Diplomatico Celestino, 1249-1320, Ferentino 2023, pp. 132-133). Il più antico documento relativo al monastero ferentinate di S. Antonio Abate ne attesta l’esistenza in data 23 aprile 1268: si tratta di un atto di donazione al monastero, conservato nel Fondo Celestini dell’Archivio Vaticano (U. Paoli, Fonti per la storia della Congregazione Celestina nell’Archivio Segreto Vaticano, p. 117, n. 1, Cesena 2004). L’Abbazia di S. Antonio abate, così chiamata nei documenti più antichi, è annoverata quale possesso celestiniano anche nella Bolla, emanata a Lione il 22 marzo 1275, con cui Gregorio X riconobbe i privilegi e le proprietà della Congregazione dei Fratelli dello Spirito Santo, fondata da Pietro del Morrone.

Dopo la clamorosa rinuncia al papato, avvenuta a Napoli il 13 dicembre 1294, Pietro del Morrone-Celestino V non ebbe soddisfatto il suo desiderio di tornare eremita e praticare l’ascesi sul Monte Carmelo, ma fu rinchiuso nella Rocca di Fumone nella provincia di Campagna, onde scongiurare la possibile eventualità di uno scisma, poiché molti cristiani non riconoscevano legittima l’elezione del suo successore, Bonifacio VIII. Questi in data 8 aprile 1295 dal Laterano con la Bolla Olim Coelestinus revocò tutte le grazie concesse dal predecessore e in data 18 agosto 1295 scrisse al Priore e ai frati di S. Maria di Collemaggio per confermare loro di aver abrogato già dall’8 aprile 1295 la Bolla della Grande Perdonanza Aquilana di Celestino V. Il Papa chiedeva inoltre al vescovo Nicola Sinizio dell’Aquila entro 15 giorni, sotto pena di scomunica, di restituire a lui tutte le lettere apostoliche celestiniane emanate su tale indulgenza. Con la bolla del 20 novembre 1295, infine, rese pubblicamente esecutivo quanto da lui deliberato: “Si proibisce a tutti i cristiani severamente che nessuno visiti S. Maria di Collemaggio col pretesto di conseguire le indulgenze revocate ed irrite”. La morte colse Celestino in Fumone, a circa 83 anni, il 19 maggio 1296. Con un funerale solenne il corpo del santo Eremita fu sepolto nella chiesa del cenobio da lui stesso fondato e dove aveva avuto anche mistiche locuzioni e contemplazioni, S. Antonio abate. Nel periodo di sepoltura il sacrario celestiniano di S. Antonio abate fu meta di pellegrinaggi e devozioni, perché Celestino già in vita godeva fama di santità ed era acclamato da tutti taumaturgo; molti miracoli, altresì, avvennero nel luogo della sepoltura e ciò determinò a furor di popolo la sua canonizzazione in Avignone il 13 maggio 1313. Il culto del Papa Angelico si incrementò ancor di più nella città di Ferentino, che lo acclamò patrono insieme al centurione martire Ambrogio. (cfr.: S. Antonio abate in Ferentino. 864 anni di storia, arte e devozione, a cura di Biancamaria Valeri, Susil 2024; Monastero e Chiesa di S. Antonio abate in Ferentino. Storia, Devozione e Spiritualità, a cura di Biancamaria Valeri, Susil 2024)

Nella chiesa di S. Antonio abate on Ferentino fiorirono le devozioni e si praticò il rito penitenziale dell’indulgenza, rito che Celestino aveva iniziato, concedendo la famosa Perdonanza Aquilana nell’anniversario della sua incoronazione, il 29 agosto, giorno dedicato alla memoria di Giovanni il Battista. E questo fino al punto di determinare un intervento di modifica della volontà di papa Celestino V sulla famosa bolla del Perdono. Nel fondo Celestini dell’Archivio Segreto Vaticano si conserva una copia semplice del sec. XVI, tratta da copia autentica esemplata dal notaio Citadano di Berardo da Barisciano, per ordine di Filippo, vescovo dell’Aquila, “anno nativitatis tricentesimosic!mensis augusti die vigesima secunda, tertie decime indictionis, regnante excelentissimosic!domino nostro Roberto regnorum eius anno septimo”, sull’originale presentato da fra Angelo dall’Aquila, priore di Santa Maria di Collemaggio. Verosimilmente la copia autentica non fu redatta nel 1300, ma nel 1315, corrispondente al VII anno del regno di Roberto il Saggio (1309-1343), e nel quale correva anche l’indizione XIII. Nel documento risultano aggiunte, rispetto all’originale – conosciuto come bolla della “Perdonanza” e conservato nell’archivio comunale dell’Aquila – le parole “et in ecclesia Sancti Antonii de”, con la successiva modifica di “premissas ecclesias accesserint” in luogo di “premissam ecclesiam accesserint”. (Ugo Paoli, Fonti per la storia della Congregazione Celestina nell’Archivio Segreto Vaticano, 2004, p. 124). Come conferma Adolfo Morizio la bolla originale di Celestino V (Inter sanctorum) è stata interpolata aggiungendo la chiesa di S. Antonio di Ferentino (cfr. Adolfo Morizio, Codice Diplomatico Celestino, 1249-1320, cit., p. 230-231).

A Ferentino S. Pietro Celestino è stato sempre venerato e acclamato, anche oltre la cassazione della bolla Inter Sanctorum e con continue e ripetute indulgenze. Gli statuti comunali medievali di Ferentino (Statuta Civitatis Ferentini, sec. XV, conservato in Biblioteca del Senato, ms 89, edizione critica a cura di Marco Vendittelli, Roma 1988) ne danno notizia alla rubrica 43 del libro V, De pretio et salario braviorum in festivitatibus infrascriptis fiendis. In tale disposizione si prescrive l’acquisto dei drappi pregiati da dare ai vincitori della gara equestre non solo nella festa di S. Ambrogio il giorno 16 agosto, ma anche nella festa della decollazione di S. Giovanni Battista in onore di S. Pietro Confessore. In Ferentino l’indulgenza si lucrava in S. Antonio abate in tutte le feste del santorale celestiniano e particolarmente nei venerdì del mese di marzo. Queste devozioni rimasero vive nella città fin quando restarono i monaci celestini (fine del XVIII secolo); ma con la soppressione della loro Congregazione poco alla volta si affievolirono. Restò la memoria del culto a S. Pietro Celestino il 19 maggio e la devozione della processione e della benedizione della Città con il Cuore incorrotto del Santo, reliquia gelosamente conservata dalla monache Clarisse fino al 2020.

Su continua richiesta da parte della Chiesa e della Comunità ferentinate è stata ripristinata la Perdonanza Celestiniana di Ferentino; l’auspicio è divenuto realtà il 12 ottobre 2001. Giovanni Paolo II ha concesso l’indulgenza plenaria, alle solite condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica, preghiera secondo le intenzioni del Papa, pentimento e cuore staccato da ogni peccato), con privilegio valido in perpetuo. L’indulgenza può essere lucrata visitando la chiesa di S. Antonio abate di Ferentino e partecipando in essa a una sacra celebrazione o almeno recitando devotamente il Padre Nostro e il Credo. I giorni in cui si può lucrare questa Indulgenza sono: il 19, 20, 21 maggio (morte e sepoltura di S. Pietro Celestino); inoltre tutte le volte in cui gruppi di pellegrini si rechino in S. Antonio abate per compiere gli atti prescritti; e, ancora, una volta l’anno anche da parte di singoli fedeli, che si rechino in questa chiesa in giorni da essi liberamente scelti.

Un Giubileo a tutti gli effetti che si svolge annualmente a Ferentino, la città di Celestino V.

Sigillo a questa devozione il cuore incorrotto di S. Pietro Celestino che lui stesso, come attesta la tradizione, donò alla sua beneamata città di Ferentino.