Il Made in Italy non si improvvisa

Nel nostro nuovo editoriale denunciamo l’improvvisazione sul Made in Italy e invitiamo a Mantova per riscoprire il valore della conoscenza enogastronomica.

Il Made in Italy non si improvvisa

Il Made in Italy non si improvvisa

Editoriale di Alfio Mirone

In un momento storico così delicato, dove i cambiamenti climatici e sociali impongono nuove riflessioni sul cibo, c’è chi, con superficialità e arroganza, si riempie la bocca di Made in Italy come se bastasse gridarlo per difenderlo.
Ma dietro a certe dichiarazioni — spesso provenienti da chi ha ruoli istituzionali e dovrebbe conoscere il significato delle parole che pronuncia — si nasconde una pericolosa ignoranza: quella che svuota il valore, mortifica le competenze e trasforma la narrazione agroalimentare italiana in una sagra della retorica.

Il Made in Italy non è una bandiera da sventolare a convenienza.
È una responsabilità culturale, storica, territoriale.
È la somma di mani che lavorano, di suoli che respirano, di tradizioni che si evolvono senza perdere autenticità.

Chi parla di cibo senza viverlo, chi lo trasforma in uno slogan politico o identitario, rischia di fare il male del nostro Paese, proprio mentre crede di rappresentarlo.

Da dieci anni, sul nostro magazine, racconto l’enogastronomia con il rispetto che si deve a chi la custodisce: produttori, contadini, cuochi, viticoltori, artigiani.
Assaggio, viaggio, ascolto, studio.
Perché senza studio, senza consapevolezza, non si può parlare di cibo.

E proprio per questo invito chi vuole davvero capire dove va la tavola del futuro a essere presente a Mantova, dal 16 al 18 maggio, al Food&Science Festival 2025.

Un evento che, già dal tema — “Cambiamenti” — dimostra quanto il cibo sia parte attiva dei mutamenti globali: si parlerà di novel food, tecnologia, agricoltura, carne coltivata, biodiversità, psicologia dei consumi, salute, e lo si farà con scienziati, agronomi, ricercatori, filosofi, non con improvvisati profeti del nulla.

Ci sarà spazio per il gusto, certo, ma anche per la coscienza.
Perché il futuro del cibo non è un gioco elettorale.
È una questione di visione, cultura e responsabilità.

Chi vuole capire, ci sarà.
Chi preferisce semplificare, continuerà a urlare parole che non sa cucinare.
Ma, come sempre, sarà il tempo a fare la vera selezione tra chi racconta per passione e chi parla per mestiere.