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Il Papa solo, l’ultimo profeta dei dimenticati
Il Papa solo, l’ultimo profeta dei dimenticati
Editoriale di Alfio Mirone
Avrei voluto scrivere parole più leggere, passata la Pasqua.
Ma la notizia è arrivata come una carezza che commuove e insieme ferisce:
Papa Francesco non c’è più.
Se ne va un uomo prima ancora che un pontefice.
Un uomo che ha scelto il nome di Francesco non per caso, ma per promessa.
Una promessa fatta agli ultimi, ai poveri, ai migranti, ai popoli oppressi, agli emarginati, alle foreste massacrate, ai cuori feriti da un mondo che si è dimenticato cosa voglia dire “essere umano”.
Jorge Mario Bergoglio non ha indossato la corona.
Ha rifiutato le babbucce rosse, l’anello d’oro, la distanza.
Ha scelto Casa Santa Marta invece dell’appartamento pontificio,
e ha portato nella Chiesa l’unica cosa che davvero mancava da troppo tempo: l’umanità.
Ha fatto arrabbiare molti.
Ha scandalizzato i benpensanti.
Ha osato parlare di amore, anche verso chi non era conforme.
Ha riconosciuto le coppie gay, ha ascoltato le donne, ha camminato al fianco dei migranti, ha riconosciuto lo Stato palestinese con coraggio e coerenza.
E non ha mai smesso di visitare i carcerati, di portare una parola viva in quei luoghi dimenticati dal mondo, come ha fatto ancora pochi giorni prima di morire.
Perché per lui nessuno è mai stato solo un numero, nemmeno dietro le sbarre.
Ha messo in crisi tutti quelli che, invece, portano la croce solo come oggetto ornamentale, mai come simbolo di compassione.
Tutti quei politici, sedicenti cristiani, che sventolano il rosario in piazza mentre firmano decreti contro i poveri.
Tutti quelli che parlano di Dio ma non si inginocchiano mai davanti al dolore degli altri.
E ora, proprio loro, magari, faranno a gara per sedersi nei primi banchi al suo funerale.
Ipocriti.
A tutti loro — e non mi vergogno a dirlo —
consiglio il silenzio.
Non partecipate. Non sfilate. Non rendete omaggio a un uomo che avete deriso in vita.
Non siate protagonisti nemmeno nella sua morte.
E lo dico anche alla comunità ebraica romana che tanto ha disprezzato Francesco per il suo costante richiamo alla pace in Medio Oriente e per la sua voce chiara a favore di una terra per la Palestina.
Chi non ha saputo ascoltarlo, non venga a benedirlo adesso.
Perché questo Papa non apparteneva solo alla Chiesa,
ma a ogni madre che ha perso un figlio nel Mediterraneo,
a ogni povero respinto ai confini,
a ogni voce zittita da un mondo che vuole ordine, non giustizia.
Francesco è stato, per molti, l’ultima coscienza viva dentro un sistema sordo.
E allora oggi non piangiamolo soltanto.
Seguiamolo.
Non nel dogma, ma nella coerenza.
Nel coraggio di difendere chi non ha potere.
Nel diritto di restare umani, anche quando il mondo ci spinge a scegliere da che parte del filo spinato stare.
Addio, Francesco.
Lì dove sei ora, nessuno potrà più metterti in discussione.
Ma qui, resterai voce e memoria di chi ha amato senza condizioni.