L’istruzione non è un costo: è l’unica vera ricchezza

Un editoriale che denuncia la disattenzione verso l’istruzione e la ricerca, in Italia e nel mondo. Senza investimenti nel sapere, il futuro sarà in mano a chi ha creduto nella conoscenza.

L’istruzione non è un costo: è l’unica vera ricchezza

L’istruzione non è un costo: è l’unica vera ricchezza

L’editoriale di Alfio Mirone

Se non investiamo in istruzione, lavoreremo per chi lo fa

C’è un dato di fatto che attraversa il mondo, come una crepa che si allarga in silenzio:
l’istruzione sta perdendo valore. Non in termini ideali, ma nei bilanci degli Stati.

Università vuote senza investimeti sull’istruzione

In America, dove si tagliano fondi alla ricerca e alle università, stiamo assistendo a un fenomeno che dovrebbe far tremare chiunque: le menti migliori se ne stanno andando. Fisici, matematici, informatici, filosofi, scienziati: professionisti di primo livello che scelgono di lasciare il Paese.
Perché? Perché la scienza vive di fiducia, di stabilità e di investimenti.
Quando tutto questo viene meno, anche il più brillante dei cervelli sceglie la via dell’altrove.

L’Italia, in questo senso, è in silenziosa agonia da anni.
Tagli strutturali, università sottofinanziate, dottorati pagati come tirocini, e una burocrazia che scoraggia anche i più determinati.
È un cortocircuito che stiamo vivendo sulla pelle di un’intera generazione, la più istruita di sempre — e la più frustrata.

Non possiamo continuare a illuderci che la crescita nasca dal nulla.
L’istruzione è la prima infrastruttura di un Paese moderno.
Senza ricerca, senza sapere, senza università forti e integrate con l’economia reale, l’Italia resterà un bel panorama da cartolina… al servizio di chi progetta, decide e innova altrove.

Nel mio editoriale di qualche giorno fa parlavo della necessità di un’Europa più coesa, più compatta, più ambiziosa, capace di diventare un blocco omogeneo — gli Stati Uniti d’Europa — dove si investa su ciò che conta davvero: conoscenza, talento, formazione.
La verità è che o si cambia passo, o ci si condanna a restare “gli operai di chi investe”.

Basta guardare la Cina.
Partiti tardi sull’intelligenza artificiale, hanno messo risorse, visione, continuità.
Risultato? Ora sono alla pari di chi ha cominciato prima, ma ha smesso di crederci.

Non è troppo tardi.
Paradossalmente, questo è il momento di agire.
Mentre gli Stati Uniti stanno perdendo capitale umano a causa di una politica miope, l’Europa può — e deve — farsi trovare pronta.
Le università europee possono diventare un faro. Ma serve coraggio, serve un piano, e servono fondi veri.

I professori non sono solo docenti: sono portatori di futuro.
I dottorandi non sono stagisti: sono intelligenze da trattenere e nutrire, non da sfruttare.
I giovani non sono numeri: sono risorse vive, e meritano una rotta, un orizzonte, un motivo per restare.

Non possiamo più fingere che l’istruzione sia un lusso.
È l’unica vera ricchezza che ci resta.
E senza un investimento serio, concreto, duraturo…
il futuro non ce lo porterà via la crisi. Ce lo porterà via l’indifferenza.