Salviamo Giorgia Meloni

Un editoriale che condanna la violenza e invita al rispetto, anche verso chi governa. Difendere la pace significa rifiutare ogni forma di odio, verbale o fisico.

Salviamo Giorgia Meloni

 

Salviamo Giorgia Meloni

Ho visto le immagini della manifestazione per la Palestina a Milano.
Ho visto rabbia, dolore, grida.
Ho visto anche una scritta su un muro che diceva: Sparate a Giorgia.
E lì ho sentito qualcosa spezzarsi.

Si può e si deve volere che il popolo palestinese meriti la sua terra.
Che il cessate il fuoco sia l’unica via possibile.
Che ciò che Israele sta facendo non sia più difendibile e inumano.
E si può provare sgomento davanti all’idea che qualcuno voglia cancellare la Palestina dalla mappa per costruirci un’oasi di lusso, un finto paradiso simile a Montecarlo, come se sopra quelle case, quei volti, quella storia, non ci fossero state lacrime, sangue e memoria.

Ma in tutto questo, la violenza non può e non deve essere la risposta.
Non lo è mai.

E allora sì, oggi è giusto dirlo:
salviamo Giorgia Meloni.
Non perché se ne condividano o no le scelte politiche. Non perché si sostenga o no questo governo.
Ma perché dietro a un nome c’è un essere umano, una madre.
E non appare come una donna violenta. Può rappresentare idee diverse da quelle in cui molti si riconoscono, forse potrebbe spendere qualche parola in più per la pace in Palestina, ma questo non la rende responsabile della follia dei potenti.
Anche tra chi sta all’opposizione spesso si osservano silenzi, ambiguità, bandiere di Israele esposte sui social in difesa dello Stato israeliano, o citazioni a favore.
E allora cosa si dovrebbe fare, colpire anche loro?

No.
La violenza non può mai essere la risposta.

E se davvero si vuole combattere l’ingiustizia, si deve cominciare non con l’odio, ma con la coerenza e il rispetto.
Anche verso chi non la pensa allo stesso modo.

Le scritte sui muri, le minacce, i messaggi d’odio…non sono protesta.
Sono deriva. Sono intossicazione del pensiero.
Non c’è giustizia in un mondo dove, per difendere qualcuno, si vuole distruggerne un altro.
La democrazia non funziona così. La pace non si costruisce così.

Non serve condividere le scelte di chi governa.
I nomi si potrebbero fare: Nordio, Salvini, Santanché… e l’elenco sarebbe lungo.
Ma non è con la violenza che si risponde a ciò che non si condivide.
Anzi, è proprio lì che si misura la differenza tra chi cerca davvero la pace
e chi ha solo bisogno di un nemico.

Se si scende in piazza per la libertà di un popolo — e farlo è necessario, con convinzione —
allora si inizi da sé. Dalla coerenza. Dal rispetto.
La libertà nasce dove c’è educazione, dialogo, empatia.
Anche quando si parla di chi governa. Anche quando non piace.
Anche — e soprattutto — quando la rabbia bussa forte.

Salviamo Giorgia Meloni,
non solo come persona, ma come simbolo della soglia che non si può oltrepassare.
Perché se si vuole davvero parlare di pace,
bisogna prima imparare a non sparare — nemmeno con le parole.